ARSKEY | MIA Milan Image Art Fair 2016 - Intervista a Lorenza Castelli | ALEJANDRO CARTAGENA
18/04/2016GSS: Riprendendo Nadar, lei cosa ci ha visto nella fotografia? E, di conseguenza, come si diventa direttore di una fiera?
LC: La manifestazione è nata nel 2011 dopo la constatazione che la maggior parte delle fiere d’arte mantengono il loro carattere indifferenziato, finendo per dare alla fotografia uno spazio marginale; inoltre avevamo la sensazione che in Italia e in molti altri paesi d’Europa, in presenza di un movimento creativo vivace e di una crescente attività di galleristi specializzati, le istituzioni e i musei erano ancora poco interessati allo sviluppo e alla codificazione delle tematiche legate alla contemporaneità, tra le quali la fotografia.
La fotografia è il mezzo che a nostro avviso permette più di altri di avvicinare le persone all’arte contemporanea. Ci siamo posti l’obiettivo di “educare” il pubblico all’arte contemporanea attraverso la fotografia. In tutte le collezioni d’arte oggi ci sono opere fotografiche. La nostra sfida è stata e continua ad essere quella di creare nuovi collezionisti d’arte partendo dalla fotografia. Abbiamo i primi risultati e ne siamo soddisfatti.
Per diventare direttore di una fiera ci vuole tanta passione e cura del dettaglio e soprattutto una forte preparazione di management, per gestire una squadra di persone e tante attività parcellizzate. La fiera è un’alchimia di eventi di diversa natura che si sovrappongono e di esigenze di interlocutori diversi che devono amalgamarsi. Il direttore è il trait d’union di tutto questo, deve dare equilibrio ad un mondo “complesso” all’interno di strategie in continuo divenire in quanto la fiera è anche la vetrina delle novità e dei nuovi trend, a cui il direttore deve sempre stare attento.
GSS: L’anno scorso avete cambiato sede come mai? E quest’anno riconfermate a The Mall?
LC: Questa nuova location ci è stata proposta direttamente dalla società che ha realizzato lo spazio Porta Nuova e dalla famiglia Catella. Avevano interesse a rilanciare lo spazio anche per attività fieristiche a hanno pensato che MIA potesse essere il giusto evento, all’avanguardia e di alto livello.
GSS: Nonostante la crisi, spazi che chiudono, poche vendite, Mia sembra in crescita, qual è la formula vincente?
LC: La formula vincente è la focalizzazione sulla fotografia. Il linguaggio fotografico agevola l’avvicinamento all’arte: è più diretto, più immediato. E’ il mezzo in maggior crescita nell’ambito dell’arte contemporanea, ha prezzi più contenuti ed accessibili rispetto ad opere realizzate con altri media. Quindi anche in un momento di crescita economica non esplosiva si possono comunque fare acquisti con maggiore leggerezza.
GSS: Ci da un po’ di numeri? Ad esempio: gallerie presenti, visitatori degli anni scorsi, opere vendute.
LC: Nel 2015 la quinta edizione di MIA si è chiusa con un record di pubblico +10% rispetto al 2014 e con un clima positivo e di soddisfazione. Ottimi i risultati di vendita per i 145 espositori in particolare per quattro lavori di Shadi Ghadirian (che è stata anche protagonista al Padiglione Iran della Biennale di Venezia), due di Gohar Dashti ed uno della cinese Xing Danwen raggiungendo la cifra complessivamente di 50mila euro; bene anche le cinque fotografie di Nicolas Feldmeyer vendute a 2.500 euro l’una. Grande interesse per le immagini di Charlotte Perriand (dieci i pezzi venduti, a cifre che spaziano dai 1.500 ai 4.900 euro) e un grande riscontro positivo in termini di vendita anche per le gallerie straniere tra cui si offriva l’autore Eric Guo, uno stand monografico francese di Caroline Gavazzi e per il giappone con Katsu Ishida.
Quest’anno a The Mall – Porta Nuova le gallerie presenti saranno 80 provenienti da 12 diverse nazioni del mondo con 230 artisti, 15 editori specializzati e 20 artisti indipendenti.
GSS: Roland Barthes disse che “ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente”. Ecco forse ispirandosi a lui, molti collezionisti in Italia hanno ancora dubbi nell’acquisto della fotografia, perché a volte non c’è un pieno controllo sulle tirature, con un conseguente risultato economico modificato. Come si ovvia a questo timore? Vuole dare qualche consiglio a chi non ha ancora collezionato fotografia?
LC: Innanzitutto è necessario avere le idee estremamente chiare e conoscere a fondo le regole del gioco, sapere quali sono le caratteristiche che una fotografia deve avere per essere presente sul mercato ad esempio per le edizioni sono da condannare tutte quelle edizioni che presentano la possibilità di fare più copie a seconda dei formati: nessuno potrà garantire al collezionista che una volta esaurito quel formato non si procederà a un’ulteriore tiratura e, dato che il valore è in funzione della domanda e dell’offerta, se si aumenta la domanda il valore diminuisce. Anche ammettendo che la dimensione di un’opera faccia parte del suo linguaggio, non possiamo prescindere dal fatto che il formato non faccia diversa l’opera: sarà comunque la stessa opera anche se in formato diverso. Dimensioni diverse, sì, dunque, ma nell’ambito della stessa edizione. In tal modo si garantisce all’acquirente che non si potrà andare al di sopra di una determinata tiratura.
GSS: Arte e investimento. La fotografia che ruolo occupa oggi in tal senso? Ci fa tre nomi su cui ha investito lei?
LC: Ultimamente ho investito in Silvio Wolf, Alejandro Cartagena e Simon Roberts.
La domanda è cresciuta considerevolmente per un settore che rappresenta ancora una piccola parte del mercato dell'arte mondiale essa costituisce infatti solo il 4% dei lotti venduti (contro l'8% della scultura o il 21% delle stampe) e meno dell'1% del fatturato mondiale. Queste cifre illustrano inoltre l'ottima gestione di un'offerta che potrebbe essere molto più vasta, il settore si sviluppa infatti a un ritmo sereno puntellato da qualche picco e qualche record, per ogni volta che un raro esemplare moderno appare in sala d'asta, o quando una firma rinomata della fotografia contemporanea trova un’eco favorevole nella grandi aste di New York.
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