DMAG | Scarsa visibilità | TTozoi
01/05/2015
Tempo fa, in treno, ho incontrato una ragazza. Ricordo che tutto era avvolto nella foschia. Siamo stati seduti di fronte per circa un’ora. Non le ho parlato, se non un saluto veloce quando è scesa, eppure aveva mani occhi e parole che riconoscerei tra mille, anche tra dieci anni. Quel giorno dentro di me è successo qualcosa, non saprei dire cosa; so solo che qualcosa si è mosso, si è spostato, qualcosa si è sepolto, qualcos’altro ha cambiato forma e a me è rimasta la curiosità di una vita che non posso osservare ma che esiste.
Guardare un quadro dei Ttozoi è come una lunga passeggiata senza meta, in un giorno di nebbia. Passo dopo passo, respiro dopo respiro, ti accorgi di aver perso la strada e non sai più se stai camminando davvero, se stai dormendo e sogni di camminare oppure se sei finito in qualche parte dentro te che non sapevi esistesse.
E allora, ovunque tu sia, ad un certo punto ti fermi in questo paesaggio brumoso di spore e colori, proprio sotto una sottile pioggia vaporizzata, e mandi via l’angoscia per poterti godere il brillio di migliaia di pigmenti che ti si appiccicano addosso, sui vestiti e sulla pelle, e creano macchie, alberi, pietre, persone che forse non vedrai mai nella realtà ma che da qualche parte esistono e vivono.
“L’incontro di due persone è simile all’incontro di due sostanze chimiche. Se succede qualcosa, tutte e due cambiano”, ha detto Jung; nel caso dei Ttozoi si potrebbe dire che l’incontro con una loro tela non può lasciarti indifferente, magari il quadro non cambierà e nessuna reazione chimica si paleserà ma tu non sarai più lo stesso di prima.
I Ttozoi sono un duo formato da Stefano Forgione e Pino Rossi, un architetto e un economista avellinesi. Il loro lavoro nasce dalla proliferazione di muffe su iuta, a cui vengono aggiunti pigmenti prima della loro stabilizzazione. Il risultato è imprevedibile, ma abbandonando qualsiasi forma di controllo gli artisti suggeriscono allo spettatore di lasciarsi andare alla propria immaginazione, di vivere l’opera in continua evoluzione come campo per sperimentare l’ignoto, della vita e in se stessi.
La galleria Raffaella De Chirico ha da poco ospitato una loro mostra dal titolo Sex on Canvas. Molds.
