Andi Kacziba | TURNING (G)OLD
Dal 03/07/2018 Al 15/09/2018Il 3 luglio inaugura alla Raffaella De Chirico Arte Contemporanea Turning (G)old, una personale di Andi Kacziba, artista nata nel 1974 in Ungheria, giunta in Italia nel 1997 per lavorare inizialmente come modella, e dedicatasi successivamente alla fotografia.
Naturale dunque che la sua ricerca artistica verta su tematiche inerenti l'immagine, la bellezza e l'ossessione della perdita di quest'ultima. Ma solo apparentemente.
La curatrice Angela Madesani, nel testo che accompagna la mostra, sottolinea come le sue opere (in mostra anche al PwC di Milano dal 12 luglio al 15 settembre) suggeriscano un mondo fiabesco, dove trovano spazio tessiture e arcolai, regine cattive che non accettano di invecchiare, specchi magici che rubano l’immagine e lunghe funi che aiutano a ritrovare la retta via.
Non a caso uno dei più recenti lavori di Kacziba, qui per la prima volta in mostra, sono una serie di Polaroid che: "Propongono il suo volto sempre nella stessa posizione frontale: ripetizione e differenza". Impossibile non pensare a Roman Opalka, artista franco-polacco, ai suoi Self Portrait e all'ossessione di documentare il tempo che passa su se stessi. L’artista ha, però, inserito nelle sue rughe una mistura di colla vinavil e oro, affinché i segni del passaggio del tempo siano ancora più evidenti: è una donna, è un'artista ed è spietata. Kacziba conosce bene il mondo legato all'immagine e sa perfettamente come usare il suo bel volto.
Quell’oro colloso per talune opere viene strappato delicatamente dal suo volto, attraverso una maschera, come un affresco, per essere posto su un vetro. È la traccia del tempo, orma, impronta priva di immagine.
A Torino sono, inoltre, in mostra una serie di specchi ovali, rotondi, a tre scomparti. Chi si specchia alla giusta misura vivrà l’esperienza di specchiarsi nel volto, nelle rughe di Kacziba, che è riuscita con un gioco di rimozioni e sostituzioni, a fare apparire le pieghe d’oro nell’oggetto simbolo di vanità per eccellenza, ma anche di timore.
Per realizzare gli specchi ha utilizzato degli antichi vetri, un po’ imbarcati, talvolta graffiati. Un parallelismo tra l’oggetto e il suo contenuto. «Lo specchio richiama anche l’onnipresente selfie, croce e delizia del nostro tempo: mi fotografo e dunque sono», così Madesani.
Un mezzo per affermare se stessi, il proprio essere nei luoghi e nelle situazioni.
In mostra anche alcuni arazzi, realizzati con materiali già utilizzati nella sua ricerca, come la juta e la corda, montati su telai di legno. L’esito sono pelli raggrinzite, indurite dal tempo, forse segnate dal sole; ad affascinarla sono la forma, la materia molto più del colore.
In ognuno dei suoi lavori, che siano i ritratti fotografici, le rughe sul vetro e nello specchio, o le corde tessute, c’è l’artista stessa, con le sue esperienze, il suo vissuto, che giorno dopo giorno si afferma attraverso i preziosi, anche se fastidiosi, segni del tempo.
Andi Kacziba, nasce in Ungheria nel 1974 ha studiato al Casus Kortárs Müvészeti Kollégium di Budapest e all’Istituto Europeo di Design di Milano e Venezia.
Nel 1992 inizia la carriera di modella e successivamente di Art Director nel settore del fashion. L’osservazione e l’esperienza che Andi Kacziba fa in quegli anni, in merito alla trasformazione della donna, della sua bellezza, del suo corpo e della sua giovinezza in mero prodotto, il cui valore è misurato solo con il denaro, diverranno centrali nella sua ricerca artistica intrapresa a partire dal 1997, anno in cui si trasferisce a Milano.
Andi Kacziba ha esposto in numerose mostre personali e collettive, all’Accademia d’Ungheria di Roma, al Museo Civico Pier Alessandro Garda a Ivrea, all’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, al Fondation Suisse a Parigi e allo Studio Museo Francesco Messina di Milano dove ha realizzato, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un importante progetto site-specific e una mostra personale dal titolo “VÌOLA”.